autonomia differenziata sud

COPERTINA – Autonomia differenziata: quale destino per il Sud?

Antonio Casaccio 01/03/2023
Updated 2023/03/01 at 4:26 PM
8 Minuti per la lettura

UNA QUESTIONE DI SCELTE

La pandemia è stato un evento che ha colpito in modo trasversale le piccole e medie imprese, oltre che far sprofondare chi viveva già una condizione di povertà. Neanche il tempo di riprenderci dalla fine del lockdown e dalla sua conseguente crisi economica, che ci siamo imbattuti nelle disastrose conseguenze dovute al conflitto russo-ucraino. Rincaro dei prezzi, inflazione e aumento dei costi dell’energia continuano a mettere in ginocchio i cittadini e lo scenario è ancora più disastroso in un’Italia che sceglie di non essere unita.

La politica è fatta di scelte di campo, ed è stata una decisione forte quella del governo Meloni di affidare il Ministero degli Affari Regionali a Roberto Calderoli. Nordista convinto, dell’attuale Ministro bisogna ricordare quando dieci anni fa accusava il Parlamento di essere composto “per 2/3 da terroni” oppure quando a Sondrio, nel corso di un tour sul referendum costituzionale del 2016 ebbe a dire: «Oggi sono fortunatamente in Valtellina, ma la settimana prossima, pensate, devo andare in Calabria, in Puglia, in Campania… Già, perché votano anche loro».

È stata una scelta quella di assegnare i fondi per la Sanità in base alla variabilità dell’anzianità di una regione, facendo pagare a regioni come la Campania (con minor presenza di anziani) il costo di una sanità pubblica al collasso. La Campania è ultima nel riparto del fondo sanitario nazionale e questo è un dato vergognoso se pensiamo ai bisogni di una regione che ha 12 mila posti letto nella sanità pubblica a fronte dei 42 mila della Lombardia.

Il nuovo DDL Calderoli dà le linee di lettura del dettato Costituzionale in tema di autonomia differenziata e, se da una parte ha come fulcro i Livelli essenziali delle prestazioni (LEP), dall’altro pone una visione che rischia di segnare uno spaccato irrimediabile tra Nord e Sud. Il nodo è sul trattenimento del gettito fiscale per singola regione, una scelta che sarebbe la vittoria del paradigma per cui chi è più ricco trattiene più risorse. Questa modifica spaccherebbe il vincolo unitario che fa leva sulla redistribuzione del gettito fiscale secondo principi di equità e solidarietà, soprattutto nei confronti delle regioni del Sud che continuano a pagare un federalismo fiscale perverso che rende il compimento dei LEP un miraggio in tanti comuni.

Davanti a questo affronto abbiamo deciso di ascoltare Marco Esposito, tra i massimi esperti delle distorsioni economiche e normative che condannano il Sud.

L’INTERVISTA A MARCO ESPOSITO

Marco Esposito, Caporedattore de Il Mattino è autore di “Fake Sud” e “Zero al Sud”, due pubblicazioni che hanno fatto luce sull’attuazione perversa del federalismo fiscale in Italia e sul divario tra Nord e Sud.

Qual è la tua opinione sul disegno di legge Calderoli approvato in Cdm?

«In questo disegno di legge manca un filtro che spinga e costringa le regioni che chiedono una funzione a dire il perché necessitano di autonomia su quella determinata materia. Non è richiesto sapere perché una regione voglia una determinata materia e in che modo potrebbe renderla più efficiente, senza danneggiare o scaricare costi aggiuntivi sulle altre regioni. Tutto questo nel DDL non c’è, basta solo fare una richiesta che verrà valutata dal Ministro degli Affari Regionali, Roberto Calderoli, che è un autonomista convinto. Dopodiché si fa una commissione paritetica per le analisi di completamente, ma non c’è un soggetto terzo a giudicare».

Sulle risorse in campo per le regioni per sostenere i LEP cosa ci dice il DDL Calderoli?

«Cose confusionarie e contradditorie: non si prevedono costi aggiuntivi ma vanno finanziati i Lep. Poi si dà la possibilità alle regioni di trattenere il gettito fiscale in più, ma se diminuisce cosa succede? Riduciamo i servizi in quella Regione o gli diamo i soldi?».

Nel DDL vengono spesso menzionati i LEP, ma cosa c’entrano davvero con l’autonomia differenziata?

«Si è fatto un passo avanti perché almeno vengono citati, ma c’è un problema: nel DDL sembra che i LEP servono per fare l’autonomia differenziata, ma non è assolutamente così. In Costituzione i Lep garantiscono diritti civili e sociali, servono in tutte le materie. Garantire i Lep significa finanziarli, ma bisogna farlo fissando un livello uguale per tutti, non finanziando a seconda del livello storico di spesa che in altre regioni è molto più alto. Il rischio così è di dare ad una regione molto più di un’altra, ed è inaccettabile per il principio di uguaglianza».

Come l’autonomia differenziata può penalizzare le regioni del Sud?

«Se in un momento di crisi vincoli il bilancio al finanziamento delle regioni più ricche, quelle più povere ne pagheranno i costi. L’intesa tra Stato e Regione viene messa al di sopra di tutto, ma questo significa una minore manovra del bilancio pubblico nel fronteggiare una situazione di crisi economica. Le regioni che adotteranno l’autonomia saranno immuni e protette da tutto, chi resta fuori no. Il danno per il Mezzogiorno è automatico».

L’autonomia differenziata entrerebbe anche nel settore scolastico, con la regionalizzazione della scuola pubblica. Qual è la tua analisi su questo provvedimento?

«È una questione centrale che dipende dalla visione del Paese che abbiamo. La scuola è un’istituzione nazionale che dà al cittadino gli strumenti per affrontare la realtà, per fare ciò bisogna avere una scuola quanto più omogenea possibile. La scuola dev’essere pensata in modo unitario. Differenziare il servizio e il programma scolastico sarebbe incredibilmente deleterio. Se il Veneto decide di portare nei programmi scolastici una visione della storia tutta incentrata sulla regione sarebbe una distorsione enorme».

L’ISTAT ha parlato per la prima volta di un’emergenza in atto al Sud. Qual è la fotografia del Mezzogiorno post pandemia e con gli effetti della guerra in corso?

«L’ISTAT sottolinea che il Mezzogiorno ha vissuto nella sua storia dei grandi problemi (emigrazione, divario con il nord), ma almeno godeva di un alto tasso di natalità, che andava a creare quel patrimonio umano che è una risorsa importante del Sud. Oggi quei problemi economici sono rimasti, ma è diminuito il tasso di natalità, il che porterà ad uno spopolamento galoppante. I giovani sono sempre meno a causa dell’emigrazione e della diminuzione del tasso di natalità, con questi parametri è impossibile creare una società che possa dare opportunità alle nuove generazioni. Sarebbe il declino definitivo».

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