Confessioni di un malandrino

Confessioni di un malandrino: l’autobiografia di Angelo Branduardi

Angelo Velardi 03/07/2022
Updated 2022/07/03 at 1:49 AM
6 Minuti per la lettura

«All’inizio sono rimasto un po’ stupito dal successo avuto da questo libro. Poi, pensandoci bene, essendo la prima occasione in cui Angelo Branduardi parla di se stesso, in prima persona, raccontando la storia della sua vita, non poteva che essere apprezzato.»

Fabio Zuffanti, musicista e scrittore genovese ormai amico di Informare, si presenta con la solita disponibilità. Lo abbiamo contattato per farci raccontare del suo ultimo progetto, anticipatoci quando parlammo con lui di Segnali di vita. La biografia de La Voce del Padrone di Franco BattiatoConfessioni di un malandrino. Autobiografia di un cantore del mondo sta avendo un enorme successo tra i fan dell’artista formatosi alla scuola milanese e non solo. «Quando nasce l’idea di un libro non si può prevedere chi lo apprezzerà. Sicuramente io puntavo al gran numero di fan che Branduardi ha e sul provare a raccontare cose inedite, novità, approfondimenti. C’era, però, anche la volontà di avvicinare altre persone alla carriera e alla vita di un artista che può aprire la mente verso un certo tipo di musica, di cultura.»

Angelo Branduardi nasce a Cuggiono, piccolo paesino nell’Area Metropolitana di Milano, il 12 febbraio del 1950.

Cantautore, violinista, polistrumentista, compositore: nel corso della sua carriera la sua arte non ha mai preso un indirizzo esclusivo, che non fosse aperto ad un discorso più ampio. Sin dalla sua formazione musicale, la sfida fu quella di unire la musica antica (medievale e rinascimentale) con quella folk popolare tradizionale, cosa che testimonia la voglia di sperimentare, di unire culture, di produrre e lasciarsi trasportare dall’arte e dalla cultura.

«Ho conosciuto Branduardi per il mio libro precedente, quello su La Voce del Padrone di Battiato. Alla fine del libro ho raccolto una serie di pareri di musicisti su quell’album e tra questi c’era anche lui. Lo avevo sempre immaginato un po’ burbero, personaggio difficile, ma quando ci siamo sentiti mi ha fatto una bella impressione. Persona simpatica, disponibile. Dato che sono da sempre suo fan ho pensato di fare un libro insieme a lui. Inizialmente pensavo ad un libro-intervista, ma la casa editrice mi ha suggerito di farlo diventare la sua autobiografia, riportando ciò che ci siamo detti nelle nostre lunghe chiacchierate telefoniche, condito di particolari.»

Il Menestrello è famoso ai più per Alla fiera dell’est, iconica canzone del 1976 che dopo quasi 50 anni non pare aver perso ancora lo smalto dei tempi migliori, dato che è capace di attraversare intere generazioni.

«Da quel successo, Branduardi ha avuto 3-4 anni d’oro. Poi, per varie vicissitudini, si è un po’ distaccato, ha voluto fare dischi diversi. Il suo pubblico affezionato, però, è rimasto negli anni e lo segue assiduamente. Persone che sono andate oltre il discorso del successo, provando a capire il percorso dell’artista, fatto da tappe (e dischi) molto diversi tra loro e da una costante ricerca.»

In un’epoca in cui la fruizione di musica è diventata molto più veloce, immediata, con canzoni magari meno “difficili”, con testi meno “ricercati”, Branduardi come può collocarsi?

«Siamo di fronte ad una categoria di artisti che non pubblica solo dischi, ma si porta dietro un tesoro culturale importante. Ascoltando Branduardi si entra in contatto con musiche diverse, culture diverse, suoni diversi. C’è tanta ricerca e ciò apre mille orizzonti. Eppure un cantante che offre questo, oggi, potrebbe essere etichettato come ‘noioso’. La musica di oggi, ascoltata soprattutto dai giovani, è più mordi e fuggi. Testi semplici, musiche orecchiabili. I pezzi non lasciano quasi mai nulla. Non c’è arricchimento. La musica non è semplicemente ‘canzoni’, ma è cultura in pieno. Non solo quella classica, anche quella pop è in grado di aprire la mente, di far conoscere nuovi orizzonti, per guardare anche con un occhio più critico la società. Ad oggi, invece, la musica ha più una funzione di intrattenimento. Non c’è più la funzione sociale.»

Come nella precedente occasione, abbiamo concluso la nostra chiacchierata con Fabio Zuffanti chiedendogli dei suoi progetti futuri. L’ultima volta ci annunciò un libro su Angelo Branduardi ed eccoci a parlare di Confessioni di un malandrino. Autobiografia di un cantore del mondo. La prossima volta di cosa parleremo?
«Dopo aver scritto libri su grandi artisti, sto lavorando ad un libro che parli di me, sempre in riferimento agli artisti che mi piacciono. Sto scrivendo una sorta di storia d’Italia dal 1978 al 1982, momento in cui il nostro paese è stato scosso da grossi cambiamenti. C’era il terrorismo, c’erano tante cose che a livello sociale hanno impattato, ma c’era anche tanta musica, tante novità. Tutto questo lo sto scrivendo con gli occhi di un bambino di dieci anni che veniva da una famiglia di emigrati e che ha dovuto affrontare una serie di problematiche lungo il suo percorso. Un progetto un po’ diverso a cui sono molto contento di lavorare.»

Come detto, Fabio è ormai un amico di Informare e anche stavolta è stato un piacere parlare con lui di cultura e di società, di arte e di nuove generazioni.
Al prossimo libro!

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