Ponticelli, nella periferia orientale di Napoli, è uno di quei quartieri in cui le strade, i palazzi, i colori sembrano somigliarsi tutti. Proprio qui, una piccola realtà ha dimostrato come combattere il degrado e l’isolamento urbano sia possibile; non distruggendo la periferia attraverso la demolizione ma aprendola, attraverso colore e inclusione.
Ponticelli è stato comune autonomo fino al 1926, ma il suo processo di annessione al comune di Napoli non è mai stato completato: separato dal centro dalla zona industriale dismessa, il quartiere resta una realtà isolata e frammentata. Al suo interno, ulteriormente delimitato da barriere fisiche (e non), troviamo uno dei tanti esempi partenopei di edilizia residenziale pubblica risalenti al post-terremoto: il Parco Merola. Qui, su iniziativa di INWARD, è stato avviato un insolito programma di riqualificazione e rigenerazione urbana, attraverso l’uso consapevole e partecipato della street-art. Per comprenderne appieno gli effetti, abbiamo sentito Salvatore Velotti, direttore dello sviluppo di INWARD. Noto come ’o parco de cuolli spuorc’ (il parco dei colli sporchi), in quanto storicamente abitato da famiglie “straniere” (provenienti da tutta la Campania) e di ceto sociale poco abbiente, il Parco Merola è una periferia nella periferia, estranea non solo a Napoli ma anche a Ponticelli stessa.
Nel 2015, ha preso il via una vera e propria opera di trasformazione: i muri dei quattro edifici, impregnati di colore grazie ai grandi nomi della street-art italiana, hanno trasformato l’area in un museo a cielo aperto che ha preso il nome (per i cittadini e per i media) di Parco dei Murales. Tanto è stato detto sull’inestimabile valore artistico e culturale dell’iniziativa, ma limitarsi solo a questo significherebbe trascurare l’assoluta importanza che ha rivestito sul piano sociologico. «All’inizio c’era molta diffidenza» – racconta Salvatore Velotti. Ma ciò che ha fatto la differenza è stata la partecipazione attiva, l’appropriazione delle opere da parte dei residenti. «Sono stati tutti coinvolti» – ad esempio, l’opera “Lo trattenemiento de’ peccerille”, di Mattia Campo Dall’Orto, «è stata realizzata raffigurando gli abitanti del quartiere insieme a due bambini che leggono Lo Cunto de li Cunti di Basile. Poi l’artista li ha trasformati in personaggi straordinari (cavalieri, principesse, cani alati): è un invito alla lettura che permette ai bambini di ispirarsi e attivarsi per una vita migliore, tramutando l’ordinario in straordinario». Oltre ad utilizzarli come modelli da rappresentare nei murales, gli abitanti hanno contribuito attivamente alla realizzazione delle opere, non solo comunicando agli artisti pensieri, sogni e aspettative, ma anche impegnandosi in attività laboratoriali. In particolare, con l’aiuto dei volontari del Servizio Civile Nazionale, i ragazzi hanno potuto trasformarsi in protagonisti della rigenerazione urbana, ritinteggiando le pareti grigie degli androni con un colore che richiamasse l’opera relativa: «In questo modo, abbiamo cercato di semplificare e rendere un po’ più gioiosa la loro vita; i bambini possono dire agli amici di venirli a trovare nel Parco dei Murales, androne giallo, azzurro, verde…».
La partecipazione attiva degli abitanti nel miglioramento dei loro spazi, ha contribuito a rafforzarne l’identità e a migliorare la comunicazione all’interno del vicinato – «i bambini con cui lavoriamo adesso iniziano a sentirsi di Ponticelli». Inoltre, testimoniato dal nuovo nome, il Parco Merola ha sperimentato un graduale processo di apertura verso l’esterno, trasformando i suoi muri invalicabili in ponti levatoi che hanno permesso l’incontro tra gli abitanti, i cittadini e i turisti.
«Per adesso siamo riusciti a far cambiare nome. Ma il problema è il contesto urbanistico. Basterebbe davvero poco: la manutenzione all’interno dei palazzi, la cura dei giardini, il miglioramento dei trasporti e maggiori servizi nelle vicinanze. Si potrebbe vivere meglio anche in una casa popolare. La vita cambierebbe immediatamente».
di Giorgia Scognamiglio