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Colonialismo, bisogna ancora farne i conti

Martina Amante 29/05/2023
Updated 2023/05/29 at 4:43 PM
3 Minuti per la lettura

La mente si libera dalle scorie del passato, le lavora e a un certo punto si rende conto che quello fatto dai nostri padri sia inaccettabile. Questa è la decolonizzazione. Ma in Europa questo processo non è ancora avvenuto. Il colonialismo può dirsi finito quando le giustificazioni che gli si danno non funzionano più.

La mente umana ha la capacità di cambiare la violenza in pace, psicologicamente le violenze finiscono quando tutto l’apparato che serviva a giustificare l’atteggiamento violento cade. I diplomatici hanno l’impegno pratico nel mantenere la pace, agire su nuove leve politiche mettendo “pezze” sui buchi che rimangono e poi via via dare atto a una mentalità che cambia.

Rieducare alla storia

L’educazione storica è molto più di una cosa che si impara, è molto più complicato di questo. Le istituzioni si aspettano di insegnare un sentimento d’amore verso la nazione, ed educare ad un profondo rispetto per essa. L’atteggiamento del colonialismo dà un essenziale contributo alla formazione delle identità personali e sociali.

Un atteggiamento eurocentrico implica non solo una cecità verso le altre storie, ma il sentire le emozioni sono in realtà meccanismi di inclusione ed esclusione. I silenzi nelle narrazioni storiche non sono un assenza di informazioni, sono molto informative. Educano al valore politico dell’educazione storica del “noi”.

L’azione politica del colonialismo

Viene chiamato aspetto di inquietudine culturale: la difficoltà della nostra mente ad andare verso chi è diverso da noi. L’Europa, ubriaca di presunzione, sull’ondata del Lives Black Matters sono state abbattute delle statue di chi aveva avuto un ruolo importante nella colonizzazione. Una coda di silenzio è giusta perché è protettiva. Ma, ad un certo punto, la narrazione è necessaria perché ci aiuta a superare quello che è successo. In questo contesto c’è bisogno delle condizioni giuste per arrivare a fare questo.

Molte persone a oggi sentono ancora il bisogno di dirsi antifasciste come se il lavoro da fare per ripulirsi la coscienza fosse ancora tanto e soprattutto in corso. Le democrazie non a caso diventano fragili quando le élite sono vigliacche. I giornalisti e tutto il settore dell’informazione (anche d’élite se vogliamo) deve liberare dall’illusione che un Paese colonizzatore abbia portato solo del bene al Paese colonizzato, civilizzandolo e istruendolo.

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