Il comune di Castel Volturno in provincia di Caserta è una delle città più complesse d’Europa, secondo molti addetti ai lavori, unica nel suo genere. Si afferma come “la città più africana d’Europa”, con circa 90 etnie differenti è una realtà cosmopolita con problemi immensi. Ma nonostante ciò, ricca di risorse. Una città distrutta da tante problematiche, ma che dalle sue ceneri prova a rinascere, anche attraverso le nuove generazioni. Per una comunità che conta circa diecimila immigrati irregolari che spesso non parlano e non comprendo correttamente l’italiano e provengono da una cultura opposta a quella occidentale, si rivela tutto più complesso.
Il ruolo dei mediatori culturali
Anche fornire i servizi primari talvolta diventa un’impresa, in questo caso la figura dei mediatori culturali si rivela essenziale per l’assetto sociale della città. Senza la loro presenza ogni forma di integrazione sarebbe inadattabile e talvolta non si riuscirebbero a garantire servizi essenziali come quelli sanitari o legali. Il tema dei mediatori culturali risulta essere complesso, spesso vengono adoperati senza riscuotere un salario, senza un contratto e in condizioni di lavoro di sfruttamento. I mediatori sono spesso donne e uomini che possiedono titoli di studio conseguiti in Italia, che si sono formati nel nostro paese e decidono di mettere la loro preparazione a disposizione della comunità.
L’Italia continua a considerare questa figura senza la giusta rilevanza, a dimostrare ciò ci sono le pochissime assunzioni fatte e la gestione delle gare e dei bandi per l’assunzione dei mediatori. A Castel Volturno la situazione non si scosta dallo scenario nazionale, anzi si conferma teatro di sfruttamento e di negazione di diritti. Nella città, nonostante la grande presenza di immigrati, i mediatori sono pochi e alcuni non ancora retribuiti.
Emergency: «Il mediatore è la figura ponte tra due culture»
L’ambulatorio di Emergency a Castel Volturno rappresenta un’istituzione per la difesa degli immigrati e la loro integrazione, da sempre faro di tutela e protezione in un contesto complesso. In merito al ruolo della ONG, ci affidiamo al racconto del coordinatore Sergio Serraino.
Quanto è importante il ruolo del mediatore culturale in un contesto sociale come la realtà di Castel Volturno?
«Inevitabilmente per una città come Castel Volturno la figura del mediatore culturale rappresenta una figura essenziale. Spesso queste figure vengono viste come le uniche a doversi assumere la responsabilità della mediazione, diventando la “soluzione ad ogni male”. Nella pratica non è così, vanno individuate le persone giuste e preparate, che hanno alle spalle una conoscenza ampia di entrambe le culture. In tanti ambiti la situazione è complessa e non va sminuita, le istituzioni devono comprenderlo».
Ibrahima Dore: «Lavoriamo senza contratto e senza essere pagati»
A parlare dello sfruttamento e dell’arretratezza sul tema dei mediatori è Ibrahima Dore, mediatore culturale impegnato da anni nel territorio di Castel Volturno. Che ci ha raccontato l’immensa falla dietro le assunzioni e i contratti per i mediatori.
Un mediatore culturale svolge solo un lavoro di traduzione?
«Mi sono laureato in Italia e ho seguito una serie di corsi di formazione per diventare un mediatore certificato. Non bisogna fare l’errore di considerarci semplici traduttori, assolutamente no, siamo lettori di spirito e animo, ma soprattutto conoscitori profondi di culture diverse tra loro».
Quali sono le difficoltà che i mediatori vivono in termini di diritto e tutela del lavoro?
«Sino all’anno scorso ero assunto regolarmente presso l’ASL di Castel Volturno, ma una volta terminato il contratto non mi è stato rinnovato. Inevitabilmente è una situazione complessa legata ai bandi e alle nuove gare. Essendo un punto di riferimento per tanti cittadini stranieri ricevo continuamente chiamate da tante persone che pretendono che svolga il ruolo da mediatore allo sportello, ad oggi però non ho un contratto e non vengo pagato, ma continuo a svolgere servizio da mediatore. Questo però sminuisce la mia professionalità e gli anni passati a studiare, non possiamo continuare ad essere trattati in questo modo. Non è accettabile che le istituzioni continuino a trattare il tema con sufficienza».
Matar Gueye: «Non siamo semplici traduttori e meritiamo la giusta considerazione»
Per comprendere al meglio il tema dei mediatori culturali contestualizzati in una realtà complessa come Castel Volturno, raccogliamo la testimonianza di Matar Gueye. Mediatore impegnato in un centro d’accoglienza a Castel Volturno e Villa Literno e profondo conoscitore della materia.
Ti sei mai ritrovato a svolgere la tua professione senza un regolare contratto?
«Io mi sono laureato in Italia e mi sono formato ampliamente sulla cultura italiana per poter avere le competenze giuste. Da quando mi sono inserito nel mondo del lavoro ho sempre riflettuto sulla mia professionalità a tal punto da non doverla mai sminuire. Mi sono messo quindi alla ricerca di un giusto impiego, che rispettasse la mia professione e che potesse essere una continua sfida umana. Non ho mai accettato di lavorare a nero o in condizioni di assenza di diritti basici. Conosco però tanti colleghi che operano senza un regolare contratto o talvolta senza percepire soldi. Siamo una figura professionale a tutti gli effetti e meritiamo rispetto».
Quanto è complesso essere un mediatore culturale a Castel Volturno?
«Siamo figure adibite all’aiuto, ma occorre che qualcuno ci aiuti in termini di diritti, perché siamo all’anno zero. Queste condizioni non ci permettono di operare nelle giuste modalità, il nostro lavoro lo si svolge per vocazione. A Castel Volturno manca ogni forma di comunicazione e bianchi e neri si considerano cane e gatto.
Questo non facilita il nostro lavoro, non sempre c’è una predisposizione giusta da entrambe le parti.
Dobbiamo porci una domanda, però, è possibile ancora essere considerati solo dei traduttori? Perché questa è la realtà che viviamo.
Le istituzioni girano la faccia davanti alla realtà e continuano a considerare gli immigrati come una piaga invece che una risorsa».