Castel Morrone: sabato 3 giugno ultima tappa del “Peppe Circuit”. Il ricordo di Peppe Farina

Nicola Iannotta 31/05/2023
Updated 2023/05/31 at 4:21 PM
15 Minuti per la lettura

Un profondo amore per lo sport

Il basket e Peppe Farina, una vita dedicata allo sport. Perciò, il basket è Peppe Farina.

Molti dei ragazzi che sono cresciuti con la persona prima ancora che con l’allenatore, anzi che sono stati educati prima dalla persona e poi dall’allenatore, riconosceranno in questa connessione intima fra Peppe e il basket il semplice frutto di una pura verità.

Non si può pensare a Peppe senza necessariamente pensare anche al basket. Peppe è il basket ed ha rappresentato il basket più democratico, quello aperto a tutti e grazie al quale tutti si sono aperti anche agli altri. In parole povere: il reale valore dello sport e il senso più popolare dello sport, lontano dalle sue spettacolarizzazioni.

Peppe manca, è inutile dirlo. Manca quando percorrendo la strada principale di Castel Morrone si oltrepassa la “palestra delle medie” – quella che era la sua palestra sportiva -; ma manca anche quando non lo si incrocia alla guida della sua Smart, che si ferma d’impatto, fa marcia indietro, abbassa il finestrino e col suo viso eternamente sorridente ti chiede “come stai campione?”.

Peppe aveva un sorriso per tutti. Penso di non averlo mai visto arrabbiato, neppure quando lo ricordo col viso tramutato in rosso cipiglio mentre chiede il time out e ci indica gli errori da non commettere ancora e le azioni da costruire per riprendere in mano la partita.

Una volta ero piccolo, molto piccolo – ho cominciato a frequentare la sua palestra all’età di 3/4 anni – e all’inizio del secondo tempo della partita giocata fuori casa, Peppe mi mandò in campo insieme al mio amico del cuore. Le squadre avevano invertito la direzione di gioco, ma io ed il mio amico ovviamente non avevamo assimilato l’informazione, perciò battuta la palla commettemmo il più grave degli errori: la infilammo nel canestro della nostra squadra.

Ricordo la gioia per la palla finita in cesta – cosa che non mi riusciva sempre – e la corsa verso il mio allenatore – era solito abbracciarmi quando riuscivo ad ottenere un successo sportivo -, ricordo il suo volto sconcertato e il mio attimo di confusione nel non vederlo felice. Ricordo di aver realizzato subito dopo cosa era accaduto e la vergogna profonda che provai verso la squadra ma soprattutto verso di lui. Iniziai a piangere per il nervosismo; come avreste reagito? Non la smettevo più e Peppe mi si avvicinò, si chinò sulle ginocchia e mi disse che ero stato bravo perché avevo fatto canestro, e ora avrei potuto fare tanti canestri anche nella cesta degli avversari. Io mi sentii ancora peggio: lui rideva e io piangevo.

Come potevo perdonarmi una cosa tanto vergognosa? Sapevo che lui stava solo cercando di rasserenarmi ma in fondo era deluso. Non volevo più rientrare in campo né tantomeno giocare ancora a basket. Fu in quel momento che chiese al coach della squadra avversaria di avvicinarsi. Disse che se avevo sbagliato canestro forse era perché il mio desiderio era quello di non giocare con lui ma con la squadra avversaria . Disse: “scegli, vuoi andare con lui (riferendosi all’altro coach)?” Io trasalii per il timore di una eventualità mai immaginata. Giocare a basket senza Peppe? Esagerai nelle lacrime, lo abbracciai e lui mi prese in braccio. Mi disse all’orecchio “ora ricorda il canestro giusto campione”. Così scesi in campo di nuovo, anche se non ricordo se ho poi fatto canestro quella sera. Forse sì, ma non è importante oggi.

Ciò che realmente ricordo è che la possibilità di non avere lui come mio allenatore, ma qualcun altro, mi terrorizzò. Per me non esisteva un altro allenatore che non fosse Peppe. E’ qualcosa che non si può comprendere se non lo si è vissuto. Questo era il mio pensiero e lo confermo ancora oggi e posso ammettere con certezza che è il pensiero comune di tutti coloro che, come me, hanno conosciuto Peppe Farina.

Il progetto del “Peppe Circuit”

Peppe ormai non c’è più. Ma, come capita con le grandi figure che hanno attraversato questo mondo, la loro personalità sopravvive alla loro persona fisica trovando espressione nei valori e nelle tradizioni locali anche quando, col passare del tempo, si smarrisce il ricordo della loro origine.

Così Peppe, il quale da amatore dello sport e da vero allenatore ha sempre avuto a cuore l’educazione dei ragazzi e dei più piccoli, avrebbe voluto che anche noi tutti avessimo sempre a cuore il progetto di avvicinare i bambini alla passione per lo sport.

Francesco Farina, figlio di Peppe, crede nello stesso ideale e nello stesso progetto e così, a un anno dalla scomparsa del padre, ha dato vita alla prima edizione del “Peppe Circuit” che si attende continuerà negli anni a seguire.

«Era febbraio del 2022 e con papà iniziai a parlare insieme ad un amico di un progetto che aveva il fine di far conoscere il minibasket anche nei piccoli centri, in quei paesi dove non veniva praticato se non da pochi bambini. Il progetto doveva partire da una prima tappa da fare a Castel Campagnano dove io attualmente abito. L’incontro con papà avvenne proprio la sera prima di scoprire i primi segni della malattia che poi lo ha portato via.
Durante gli ultimi giorni che papà è stato con noi, erano venuti a casa 2 dei suoi più cari amici, i compagni di merenda della pallacanestro, e parlando con loro gli avevo accennato del progetto che doveva nascere con papà e che era mia intenzione portarlo comunque avanti, e per farlo avevo bisogno del loro sostegno. Detto fatto.
Una sera vado a prendere mio figlio agli allenamenti di basket e l’allenatore di Giuseppe mi esprime la volontà di voler organizzare una giornata in memoria di papà. Si unisce alla squadra e nasce così il Peppe Circuit.
Lo scopo del Peppe Circuit è quello di ricordare papà nei luoghi dove ha coltivato la sua passione con delle giornate interamente dedicate alle 4 categorie del Minibasket.
Prima tappa a Caiazzo, seconda tappa a Castel Campagnano, terza a Caserta e tappa conclusiva a casa sua, Castel Morrone.
Durante ogni tappa, la cosa più bella è che tanti istruttori sono cresciuti con lui, i genitori di tanti bambini sono stati i bambini di Peppe e i piccolini pur non conoscendolo fanno arrivare tutto il loro calore fin lassù».

Il saluto che ti dedichiamo

L’arbitro alza il polso e lo dirige verso gli occhi. Controlla l’ora sul suo apparecchio. Mano al fischietto e fischietto alla bocca. In campo la squadra continua a dirigere il gioco. E’ compatta. Tu sei al margine del campo con indosso pantaloni elastici neri e l’immancabile felpa grigia targata Juvecaserta. Hai le braccia incrociate, il corpo calmo e lo sguardo fisso sulla partita. E’ così che ti senti vivere: quando ascolti il rumore prodotto dagli attriti delle scarpe di gomma sul legno bianco rovere della tua palestra. Sei connesso a loro: il dinamismo delle gambe, l’intelligenza delle braccia, la foga del cuore, l’amore del sentirsi così. Hanno appreso da te questo, lo sai, ma non te ne vanti. Hai una luce d’orgoglio negli occhi per tutti loro. Piede sinistro, piede destro, tutto il peso concentrato in un salto. Il ragazzo si leva in alto e tu vedi in lui quel bambino che proprio non riusciva a raggiungere quota. Un attimo di meraviglia e di soddisfazione per il gesto tecnico appena riuscito. L’arbitro emette dai polmoni quel fischio potente e prolungato che sa di vittoria. E’ la tua vittoria: esulti per i ragazzi non per la partita. Corri verso di loro, ti ricongiungi a loro. Ora tutti in cerchio, il momento più intimo che condividente da quando vi siete conosciuti. Palla bassa al centro. La sostieni tu, a un palmo da terra e su di essa le mani di tutti coloro che stai allenando, che hai allenato e che ancora allenerai. Uno…due…tre…ZOOOOOO!!!

La memoria degli allievi di Peppe

Al fine di ricostruire, sia pur parzialmente, l’immagine che Peppe ha lasciato in ognuno di noi, si propone qui di raccogliere i ricordi personali di chiunque voglia aggiungere una parola alla memoria del nostro allenatore. Perciò un testo di questo tipo non sarà mai chiuso e sarà sempre disponibile a nuovi aggiornamenti.

«Sento ancora la tua voce che da lontano mi chiama e dice “BAMBOLA” perché questo era il nomignolo che mi hai dato fin da piccola, fin dal primo giorno che ho messo piede in quella palestra. Sento ancora gli abbracci forti che mi davi quando mi vedevi, ci si perdeva nei tuoi abbracci. Se ho iniziato ad apprezzare il basket è stato merito tuo, la tua passione l’hai trasmessa ad ognuno di noi. Ho un ricordo bellissimo di quel periodo ma ho un ricordo ancora più bello di te. Peppe tu eri proprio una persona buona, protettiva, tanto dolce e di grande umanità. È stata una fortuna averti conosciuto. Ora, mi piace immaginarti felice con uno dei tuoi sorrisi più belli e sono sicura che stai facendo un ottimo lavoro anche lassù.
Ti voglio bene». – Angelica Iannotta

«Spesso Peppe ci faceva partecipare a tornei e manifestazioni in giro per la Campania, parlo del 2004 circa, e in una di queste occasioni ricordo ci iscrisse ad un torneo che si svolgeva nell’arco di una giornata. Avevamo tutti tra gli 8 e 10 anni e il torneo prevedeva una pausa lunga per il pranzo, così Peppe ci sorprese iscrivendoci ad una gara di karaoke, per la quale cantammo la canzone salirò di Daniele Silvestri. Essendo una cosa improvvisata nulla era preparato, ma riuscimmo a recuperare uno spezzone della base musicale che partiva di tanto in tanto mentre cantavamo. Nonostante questo, ricordo di come ne fummo tutti felici, tra l’altro ci piazzammo anche sul podio. Questo per dire che fare pallacanestro con Peppe non voleva solo dire imparare le regole del gioco, ma erano anche tutte quelle occasioni che Peppe riusciva a creare che riempivano di gioia le ore trascorse con lui». – Pasquale Marra

«Io Peppe l’ho conosciuto da avversario, la mia prima volta al Palamaggiò contro il suo Castelmorrone. Un mio compagno di squadra aveva sbagliato l’ennesimo tiro libero. Stavamo vincendo di poco e nell’aria c’era tensione. Dalla panchina opposta si sente: “Tira a tabella”. Chiunque abbia giocato a basket sa quanto tirare un libero a tabella sia un’eresia. Il mio compagno la prende sul personale, tira a tabella e segna. Al “te l’avevo detto” di Peppe, scoppiamo tutti a ridere. Alla fine della partita, mentre lasciavamo il campo, il mio allenatore ci fece radunare, poi gli puntò il dito contro e disse: “Questo è Peppe Farina, una leggenda del basket casertano”» – Marco Cutillo

«Ricordo come fosse ieri la prima volta che ho messo piede nella palestra di Castel Morrone. Io non volevo andarci, ma mia mamma fece di tutto per portarmici, e menomale che lo fece. Lì ho conosciuto una persona che sarebbe stata un punto di riferimento per la mia infanzia, Peppe Farina. La prima volta che lo vidi sembrava un gigante, ma uno di quelli buoni, che trasmetteva sicurezza e allegria. E con questo suo modo di fare è sempre riuscito a farsi amare da tutti i bambini e i ragazzi che iniziavano il corso di basket. Grazie a lui ho appreso valori come la lealtà e a considerare sconfitte e fallimenti come opportunità per crescere e migliorarsi. Peppe ora parlo a te, ovunque tu sia, ti ringrazio di tutti gli insegnamenti che mi hai dato, e spero un giorno di poterli trasmettere a mia volta». – Sebastiano Agostino

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