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Castel Morrone, Guido Sparaco e la storia della sua pasticceria d’arte

Nicola Iannotta 03/04/2023
Updated 2023/04/03 at 11:27 AM
7 Minuti per la lettura

Un bambino corre per ritornare a casa. Corre con ancora lo zaino in spalla. Non entra dall’ingresso principale, ma dall’accesso secondario, quello riservato al personale. La mamma ha imbandito per il pranzo una porzione del lungo banco d’acciaio, quello che di solito usa per mescolare la farina alle uova e allo zucchero. Ha ancora sul grembiule le macchie della crema pasticcera messa a cuocere qualche ora prima e poi immessa nella sac a poche. Dice «È pronto Guido! Vieni a pranzare». Il bambino ha fame ma non si siede a tavola. Erano ore che stava aspettando il suono di quella campanella, per ritornare a casa e aiutare i suoi genitori nel lavoro. Il bambino, quasi impaziente, corre verso l’altro capo del banco, dove il padre ancora stende la sfoglia per piegarla e ripiegarla. Dice: «Guido, bisogna stendere, piegare, e ristendere. Guarda…», prende fra le mani una sfogliatella riccia: «ogni livello sfogliato è una piegatura della pasta durante il lavoro». Guido dice: «Ma sono tantissime!», suo padre risponde: «Bisogna avere pazienza, e la pazienza viene naturalmente dall’amore e dalla passione. A te piace?». Guido non risponde, è così concentrato ad ammirare la tecnica delle mani del padre mentre impastano e stendono. Guarda la figura del padre intenta nella pasta e guardando immagina se stesso lavorare con eguale abilità.  

Non è un caso che Guido Sparaco, originario di Castel Morrone sia un pasticcere. Fra quei banchi della Pasticceria Sparaco, lui è cresciuto. E non è neanche un caso che Guido, crescendo, abbia esteso la fama del suo nome al di là dei confini raggiunti dal suo cognome. Perché Guido ama il suo lavoro e pensa ad esso come un tesoro di famiglia da accrescere, la grande eredità lasciatagli in dono da sua madre e suo padre. Non è soltanto la pasticceria, la sua sede fisica, situata all’ingresso del paese, in uno dei primi punti di ristoro per compaesani e viaggiatori; non sono soltanto le vetrine, piene di prodotti freschissimi e policromatici. È di più, è l’idea stessa di pasticceria che lui ha ereditato. Come gli ha sempre ripetuto suo padre Nicola: la pasticceria è fortemente legata ai prodotti spontanei del territorio, quelli che nascono sulle colline tifatine e che derivano direttamente dal lavoro contadino di allevamento e agricoltura. Tutti questi insegnamenti sono diventati saldi principi che Guido ha affiancato alle tecniche e alle esperienze acquisite durante gli anni di praticantato per diventare quello che è oggi: un maestro pasticciere.  

Pasticceria, territorio e tradizione. Sono parole che per Guido devono esser pronunciate sempre insieme. Lui stesso afferma: «Se ho scelto di restare a Castel Morrone è perché ho condiviso le scelte della famiglia. Quando tanti anni fa mio padre, fuoriuscito dalla scuola di Peppino Sparono, ha dato inizio alla sua attività e ha scelto di restare a Castel Morrone, è stato perché amava e ama questo paese. Io che ho ricevuto da lui il testimone della Pasticceria Sparaco non posso tradire ciò in cui lui ha sempre creduto». E questa estrema fedeltà all’opera paterna sussiste anche nelle scelte ideologiche che lo muovono: il lavoro della pasticceria è un lavoro artigianale. Il prodotto finale è soltanto il risultato di un lungo tempo di attese e di dettagliati interventi sul processo di lavorazione della materia prima. Non esistono scorciatoie, o almeno non dovrebbero…». 

Quella specificazione del «non dovrebbero» getta luce su una persistente condizione della pasticceria contemporanea. La descrive bene Stanislao Porzio, autore di molti libri sul mondo dolciario: «In questo momento la pasticceria, intesa come bagaglio di conoscenze e di competenze che si sono accumulate in secoli di storia, è seriamente minacciata. Da che cosa? Dal tempo che i pasticcieri hanno da dedicare al loro lavoro; dal giusto e umano desiderio di badare ad altre cose, come ad esempio alla famiglia. Oggi i pasticcieri hanno l’opportunità di ricorrere nella propria attività ad ingredienti di sintesi e ad ingredienti semilavorati. Insomma, se entrate in una pasticceria e per esempio vedete una bella tartelletta o una crema di pistacchio, 6 volte su 10 la tartelletta è stata fatta da un’industria, e la crema al pistacchio da un’altra. Che cosa ha fatto il pasticcere? Le ha assemblate, e questo secondo la legge italiana significa essere artigiani della pasticceria. Io ho dovuto abbandonare la definizione di pasticceria artigianale proprio perché “artigianale” e “artigiano” sono parole ambigue secondo la legge italiana. Identificano allo stesso modo sia chi è un creatore, sia chi è un puro e semplice assemblatore». Da questa condizione e dal desiderio di invertirla nasce PAART, il movimento di pasticceria d’arte, fondato dallo stesso Stanislao Porzio e da altri grandi pasticcieri italiani, di cui Guido Sparaco è membro e cofondatore.

PAART è un movimento che si propone di condurre una battaglia sul campo dell’ideologia per difendere quella che è la ricchezza e la specificità delle diverse tradizioni pasticcere italiane. Aderire a PAART significa condividere questa importante insegna che oggi pare essere a rischio sotto i colpi di una omogeneizzazione industriale. Guido, Stanislao e Alessandro Rizzo (pasticciere friuliano) nella giornata di domenica 5 marzo hanno dato inizio all’espansione del movimento con una manifestazione intitolata “Pasticceria: Tradizione e Territorio” e tenutasi presso la splendida cornice di Palazzo Ducale in Castel Morrone. A lanciare l’appello è Stanislao Porzio: «Cerchiamo di diffondere questo messaggio ad altri pasticceri ma soprattutto al pubblico di appassionati». Non resta che seguire gli sviluppi di questa storica vicenda. 

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