I borghi medievali hanno un non so che di oscuro.
Tortuosi, nebbiosi, il perfetto scenario per un malinconico viaggiatore oscuro e solitario, affamato di tranquillità, desideroso di solitudine, in fuga dal mondo: ognuno ha in sé un alter ego incompreso.
Doveva sentirsi proprio così Ursula Pannwitz, artista tedesca alla quale Casertavecchia è debitrice di uno dei suoi luoghi più affascinanti: la Casa delle Bifore.
Dove si trova
Situato poco distante dal Duomo, alle pendici dei Monti Tifatini, questo piccolo gioiello sorge probabilmente nell’XI secolo come Chiesa di San Pietro, per poi essere tramutato in una dimora gentilizia nel XV secolo, successivamente abbandonata.
Ridotto ormai ad un rudere, l’edificio fu acquistato negli anni ’70 da Ursula, che scelse di riportarlo alla luce mattone dopo mattone, mantenendo intatte le caratteristiche finestre a bifora gotica dalle quali prende il nome.
Gli spiritelli
A questa eccentrica artista sono legati anche gli “spiritelli”, oggi considerati l’emblema di questo borgo medievale.
Si tratta di vasetti di terracotta decorati con faccine spiritose, all’interno dei quali è conservato un bigliettino con inciso un desiderio, destinato ad avverarsi con la rottura del vaso. Nei vasetti, inoltre, vivono piccoli spiriti che proteggono le case in muratura e che popolano le notti dei vicoli incantati del borgo.
Casam Hirtam e la magia
Del resto, “Casam Hirtam”, cioè “villaggio in alto” (così Casertavecchia è menzionata in un documento dell’861), con la magia ha un rapporto particolare: famosa è, infatti, la leggenda della contessa Siffridina, consuocera di Federico II di Svevia, fortemente legata a questo piccolo borgo. Si narra che il suo spirito aleggi ancora presso il torrione del Castello, al quale fu strappata dopo l’invasione normanna.
Trascorse, infatti, un lungo periodo di prigionia presso il Castello svevo di Trani, in Puglia, soffrendo più la lontananza del suo amato borgo che lo stato di prigioniera: scelse quindi di farvi ritorno, come spirito, per l’eternità.
Insomma, sarà il caso di attendere la luce del sole per ammirare i fasti di questo borgo incantevole? Superstiziosi o non, è forse il caso di dire: non è vero ma ci credo!
di Teresa Coscia