Carlo Croccolo

COPERTINA – Carlo Croccolo: «La severità nell’arte non esiste più»

Redazione Informare 06/10/2015
Updated 2017/10/17 at 4:19 PM
11 Minuti per la lettura
Carlo Croccolo

 

La vita intensa di un grande artista italiano

 

Condividere un caffè e una fetta di torta caprese con uno dei più grandi attori e doppiatori italiani è una grandissima emozione. Un’accoglienza favolosa quella di Carlo Croccolo, uno dei protagonisti della commedia italiana, che si è raccontato a noi di Informare nella sua casa di Pinetamare, Castel Volturno.

Dal ricordo della madre agli intrighi amorosi, dai progetti futuri alla rievocazione delle vicende passate, dalla sua squadra del cuore (il Napoli ovviamente!) ai film di grande successo. Carlo Croccolo è anche questo, oltre ad essere un vero e proprio maestro del doppiaggio e della recitazione: una persona molto umile ed umana che nonostante l’età ha saputo conservare quell’ironia travolgente ed intelligente, mai volgare. Ha infatti esordito dicendo: «Mia madre sperava che io mi laureassi in medicina, tant’è vero che quando vinsi il David di Donatello corsi da lei per comunicarglielo e lei mi rispose che se avessi fatto il medico avrei vinto il Nobel».

 

Carlo Croccolo - Photo credit Valentina Panetta
Carlo Croccolo – Photo credit Valentina Panetta

 

Come medico non possiamo sapere come sarebbe stato, ma una cosa è certa: come attore non ha deluso il popolo italiano. Chi non ricorda Luigino e il suo intercalare “Bellezza mia” in “Miseria e Nobiltà” al fianco del principe della risata, l’intramontabile Totò, di cui Croccolo ci racconta: «Ricordo con piacere la severità ma allo stesso tempo l’infinita dolcezza di Totò, una delle cose che adoravo di lui era il fatto che non amasse i dilettanti». Poi continua con una critica all’arte drammatica attuale: «Oggi non c’è professionalità, si improvvisa ed esiste solo l’arte di arrangiarsi. L’arte drammatica non si è evoluta, si è involuta». Tra i tanti registi e attori con cui ha collaborato non esita a ricordarne alcuni, come Peppino De Filippo, ma soprattutto Fernandel: «una persona immensa e buona con cui ho lavorato quando ho doppiato Totò in francese». Non a caso, Totò non avrebbe autorizzato mai nessuno a farsi doppiare se non il suo caro amico e stimato collega Croccolo. Così, dopo aver scambiato con estremo piacere queste due chiacchiere di tale rilevanza per la storia del cinema e del teatro del nostro Paese, partiamo chiedendogli dei suoi progetti futuri: «Mi stanno proponendo diverse cose, per ora sto leggendo e valutando diversi copioni. Oltre a questo spero di fare qualcosa prossimamente con mia moglie che è una bravissima attrice e una regista eccezionale». Poi, con un pizzico di umorismo, continua: «Un altro progetto è quello di andare a vedere il Napoli quando vince. Ho un bellissimo ricordo di Aurelio De Laurentiis, lo conosco da quando aveva 10 anni».

Una carriera fantastica e invidiabile, circa 120 film, tra cui vanno ricordati: “Signori si nasce” con Totò, “Ragazze da marito” con Eduardo De Filippo, “Ieri, oggi, domani” di Vittorio De Sica, ma, come egli stesso ha dichiarato, il suo film del cuore resta “Non è vero… ma ci credo” di Peppino De Filippo: «è il film a cui sono più affezionato, interpreto il gobbetto Alberto Sammaria, una parte che mi ha entusiasmato tantissimo». Nella nostra lunga ed interessante chiacchierata, c’è spazio anche per qualche indiscrezione amorosa: «Se dobbiamo parlare di donne non posso che ricordare l’incontro con la bellissima e affascinante Marilyn Monroe. La conobbi per caso durante una festa a Los Angeles. Io me ne stavo in disparte finché lei non mi ha rivolto la parola, e quando dopo avermi scambiato per un irlandese, gli ho confessato di essere napoletano, siamo scoppiati a ridere entrambi».

 

Carlo Croccolo - Photo credit Valentina Panetta
Carlo Croccolo – Photo credit Valentina Panetta

 

Croccolo non fa assolutamente mistero della sua passione per le donne, e durante l’intervista tocca spesso questo argomento, con la sua abilità a trattare gli argomenti più svariati con quella punta di ironia che ci lascia sempre divertiti, e rapiti nell’ascolto delle sue parole. Gli chiediamo del rapporto con la televisione: già, perché oltre al teatro, al doppiaggio e al cinema, nella vita di Carlo Croccolo ha trovato spazio anche la recitazione in fiction tv, come ad esempio la serie Rai “Capri”: «Mi fanno schifo, la tv non mi piace» – ci spiazza l’attore, sempre verace nelle sue esternazioni – «Delle 3 stagioni di ‘Capri’ la prima non era male, poi c’è stato un progressivo peggioramento, infatti la terza non mi è piaciuta per niente». E su cosa metterebbe al primo posto tra tutte le cose che ha fatto, Croccolo ironizza spiazzandoci ancora una volta: «i soldi». Prosegue, da questa battuta, ad aprirci il suo mondo di ‘dolce vita’, in quegli anni d’oro del cinema che adesso possiamo immaginare e sognare proprio attraverso le parole di chi li ha vissuti, e attraverso le testimonianze audiovisive dei tempi che furono. Denaro sperperato, o se si vuole ‘ben speso’, cene esagerate e esagerate situazioni, nel segno di una vita ‘da sogno’, una vita cui forse si è destinati e che ti cambia attraverso quell’arte e quelle emozioni che si regalano al pubblico. Un magico tunnel di coinvolgenti racconti, da cui una volta usciti vogliamo sapere qual è il film di cui serba un ricordo particolare tra quelli girati con il grande Totò: «Signori si nasce. L’ho fatto proprio con entusiasmo – ci spiega il Maestro Croccolo – Ma anche “47 morto che parla, perché era il primo insieme a lui».

 

Carlo Croccolo
Carlo Croccolo con la redazione di Informare

 

 

A questo punto, ci spingiamo nell’ambito di eventuali recriminazioni: vorremmo sapere se, in questa vita ricca di emozioni ed esperienze, c’è qualcosa che Carlo Croccolo avrebbe voluto fare e non ha fatto. Ci accontenta: «Non recrimino ma ho rifiutato di fare il mio primo film con Federico Fellini e da una parte ho sbagliato. Venne da me quando doveva fare “Lo sceicco bianco”, e voleva che io facessi la parte del protagonista, che ha poi fatto Leopoldo Trieste. Mi portò il copione, gli dissi che l’avrei letto. Non gli feci sapere nulla…e persi l’occasione. All’epoca, Fellini non era un nome. In seguito – continua – persi un’altra occasione con Peppe De Santis, con cui avevo lavorato doppiando l’italoamericano Peter Falk. Facemmo amicizia, si ricordò di me e mi scrisse un film meraviglioso che io, come uno stupido, mi sono fatto sfuggire. Si chiamava “Giorni d’amore”, e fu interpretato da Marina Vladì e da Mastroianni. Ma De Santis aveva scelto me e Lucia Casilio. Saremmo stati perfetti ed è il mio rammarico più grande». Dopo questo momento dedicato alle occasioni perdute, il Maestro Croccolo torna a farci sorridere parlandoci della compagnia di cui faceva parte con attori napoletani come Enzo Turco e Dolores Palumbo, con cui ebbe screzi ma con i quali fu scritturato per l’indimenticato e indimenticabile ‘Miseria e Nobiltà’. «Non li sopportavo – ci spiega- per la loro mania di ‘aggiungere’, nella recitazione. Ecco la severità di cui vi parlavo, e che amavo in Totò, l’avversione per il dilettantismo. D’altro canto, io ho imparato il teatro facendolo sul campo, ed ero abituato alla severità». L’ultima domanda che rivolgiamo a Carlo Croccolo è sulla sua scelta di vivere a Castel Volturno, ma lui puntualizza: «non è stata una scelta. Tramite Vincenzo Coppola, trovai qui la casa perfetta per le mie esigenze di allora, per mia madre che voleva vivere sola ma che comunque non potevo lasciare sola. Era il 1987 e in quel periodo adoravo andare a pescare. Non sono più andato via, anzi, la casa più bella che abbia mai avuto è stata quella di Fontana Blu. Quel rumore del mare…quel caldo anche d’inverno… mi sono trovato meravigliosamente».

E il Maestro Croccolo dimostra ancora adesso di amare Pinetamare continuando a viverci. Gentile e ospitale, ci invita a restare per una spaghettata ma ci congediamo, con la promessa però di rivederci quanto prima davanti ad una bella pastiera napoletana, suo dolce preferito, «spugnosa e con tanta ricotta e fiori d’arancio». Perché sì, la nostra torta caprese gli è piaciuta, ma «la pastiera è n’ata cosa».

Andiamo via onorati di aver potuto ascoltare le parole e aver avuto la possibilità di raccontare parte del vissuto e delle esperienze di un così grande artista, uomo genuino, profondo, senza peli sulla lingua, acuto ed arguto, brillante e simpaticissimo nella sua disarmante spontaneità.

di Angelo Morlando e Fabio Corsaro

Tratto da Informare n° 150 Ottobre 2015

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