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Batterie e accumulatori: quale fine vita utile?

Angelo Morlando 07/02/2020
Updated 2020/02/07 at 3:00 PM
4 Minuti per la lettura

Il recente report dell’UE, evidenzia importanti carenze normative

La Commissione Europea ha adottato una relazione inerente all’attuazione e all’impatto sull’ambiente della cosiddetta direttiva sulle batterie (2006/66/CE) e le conclusioni non sono incoraggianti.
Le batterie e gli accumulatori svolgono un ruolo essenziale nella società moderna e costituiscono una fonte di energia principale e non ancora sostituibile, sia per l’utilizzo di elettrodomestici di uso comune, sia per le attività industriali.

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Forse non tutti sanno che esistono al mondo circa 400 diversi tipi di batterie e accumulatori; per comprendere meglio l’enorme dimensione dell’argomento, è giusto precisare che in un solo “tipo” di batterie (tra i 400 appena citati), ad esempio quella delle “batterie/accumulatori al litio”, rientrano: le batterie agli “ioni di litio-polimero”, al “litio-zolfo” e al “litio-aria”; gli “accumulatori litio ione-polimero” e “accumulatori litio-ferro-fosfato”. Per avere un’idea della dimensione del fenomeno, basti pensare che ogni anno, sono utilizzate in tutta l’Unione Europea circa 800.000 tonnellate di batterie automobilistiche, 190.000 tonnellate di batterie industriali e 160.000 tonnellate di batterie di consumo.
Da questi esempi e macronumeri sull’utilizzo delle batterie, si comprende subito quale sia la gravità della inadeguatezza della raccolta e del riciclo alla fine del loro ciclo di vita utile, sia perché grosse quantità di sostanze chimiche non sono riutilizzate, sia perché molte sostanze tossiche possono essere smaltite illecitamente in natura; quindi, doppio rischio: spreco di risorse economiche e avvelenamento delle risorse naturali. Il fine ciclo di vita utile non è solo un concetto economico (vita utile del bene per l’ammortamento) ma è legato alla durabilità dei beni, cioè è quando un prodotto andrebbe sostituito, perché non più utilizzabile.

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È un concetto semplice, se applicato a prodotti di utilizzo comune, ma diventa complesso quando si applica ad impianti o fabbricati. In questo caso le opere civili hanno quasi sempre un fine vita utile più lungo (20/30/50 anni) mentre gli impianti hanno una durabilità inferiore (ad esempio, una elettropompa per fognatura può avere un fine ciclo di vita utile pari a 2/3 anni). La lunga durabilità di un bene implica necessariamente la competenza, la diligenza e l’onestà di un gestore/utilizzatore, ma nel caso delle batterie/accumulatori il problema è molto più complesso, soprattutto per un problema legislativo: non ci crederete, ma l’attuale direttiva europea poco o nulla impone sul riuso, recupero e riutilizzo delle batterie/accumulatori. Per affermare quanto appena detto, cito le conclusioni della relazione europea:

“…le limitazioni osservate in alcune disposizioni giuridiche o nella loro attuazione impediscono alla direttiva di realizzare pienamente i suoi obiettivi. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda la raccolta di batterie di scarto o l’efficienza nel recupero dei materiali. Inoltre, l’assenza di un meccanismo efficiente per incorporare nuove novità tecnologiche e nuovi usi delle batterie nella direttiva, mette in dubbio la sua capacità di tenere il passo con i rapidi sviluppi tecnologici in questo campo.”

di Angelo Morlando

TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE N°202 – FEBBRAIO 2020

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