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Bari: il disastro chimico che ci ha insegnato a curare il cancro

Roberto Giuliano 03/04/2023
Updated 2023/04/03 at 11:19 AM
5 Minuti per la lettura

Dalla penicillina ai raggi x, dall’agricoltura al microonde: sono innumerevoli le scoperte avvenute quasi o interamente per caso; scoperte indotte da casualità o disgrazie che contribuiscono a rendere il mondo quello che è oggi. Una delle storie meno note è, forse, quella che riguarda la chemioterapia, scoperta a seguito di un disastro chimico nel porto di Bari nel corso della Seconda Guerra Mondiale. 

IL PORTO DI BARI IN FIAMME 

Siamo nel dicembre 1943, da luglio l’Italia è teatro di scontri tra le forze Alleate e i nazi-fascisti che, ora, asserragliatisi sulla Linea Gustav (da Cassino alla foce del fiume Sangro, in Abruzzo), hanno bloccato l’avanzata di britannici e americani. 

I porti dell’Italia meridionale sono la vitale fonte di approvvigionamento per centinaia di migliaia di soldati e, nonostante la grande capienza delle strutture di Napoli, Taranto e Bari, sono tante le navi ancorate in attesa di poter scaricare. Dopo gli accesi scontri aerei dell’estate, gli Alleati si sono convinti di aver neutralizzato la minaccia di attacchi aerei contro i propri centri logistici: una convinzione che si scontrerà duramente con la realtà il 2 dicembre. 

Nel tardo pomeriggio, dopo aver ingannato i radar avversari, 105 aerei tedeschi piombano a sorpresa sul porto di Bari distruggendo, in 20 minuti, 17 navi, danneggiandone gravemente 8 e causando la morte di circa 1000 militari e 1000 cittadini baresi. Alcune navi trasportavano proiettili esplosivi, altre carburanti per veicoli e aerei: questo mix rese il porto un inferno di fiamme, con aree che bruciarono per giorni. Ma, tra i tanti feriti che affollavano gli ospedali della città, si notò presto un gran numero di persone colpite da ustioni particolari, che nulla avevano a che fare con il fuoco, ma che ricordavano quelle delle armi chimiche del primo Conflitto Mondiale. 

UN CARICO MOLTO PERICOLOSO 

La nave USS Harvey era entrata in porto il 26 novembre e aspettava di scaricare a terra il proprio carico.  Dall’esterno sarebbe apparsa come un vascello commerciale qualunque, una delle centinaia di “Liberty Ship” costruite dagli Stati Uniti per rifornire il proprio esercito in Europa; ma a fare la differenza era il carico che trasportava: ben 2000 bombe al gas mostarda

Nonostante nessun esercito abbia usato armi chimiche in battaglia nel corso della guerra, tutte le forze combattenti ne conservavano importanti scorte più o meno distanti dal fronte: la USS Harvey rappresentava una delle riserve più esposte dell’arsenale chimico americano. 

Nel corso del bombardamento la nave fu colpita dagli aerei nazi-fascisti, rilasciando un’enorme quantità di gas sul porto e la città di Bari che causò bruciature cutanee, cecità e problemi all’apparato respiratorio. Per non provocare una risposta avversaria gli americani avevano spedito la nave in totale segretezza e, né l’equipaggio, né il personale del porto sapeva del carico trasportato, così che all’inizio si pensò che ad usare il gas mostarda fossero stati i tedeschi. 

LA SCOPERTA DELLA CHEMIOTERAPIA 

Per indagare sull’incidente fu chiamato il Colonnello Stewart Francis Alexander, esperto di armi chimiche. Egli ricondusse i sintomi dei feriti al gas mostarda, consentendo il salvataggio di numerose vite e risolse il mistero della provenienza del gas, ma sfruttò l’occasione anche per studiarne gli effetti sugli esseri umani. 

La sua principale scoperta fu che il gas mostarda era in grado di ridurre il numero di globuli bianchi in chi ne era esposto, nonostante la velocità con cui questi si rigenerano nel corpo: ciò avrebbe potuto essere utile contro un altro tipo di cellule che si riproducono rapidamente, quelle tumorali. 

Le sue intuizioni avrebbero poi ispirato Louis Goodman e Alfred Gilman ad introdurre la mecloretamina (o mustina), il primo farmaco chemioterapico utile contro leucemia e linfoma. Il composto sarebbe rimasto in uso fino agli anni ’80, facendo da capostipite ad una famiglia di farmaci antitumorali che hanno salvato innumerevoli vite. 

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