È uno dei maggiori chitarristi italiani e a fine mese sarà a Napoli per la presentazione del suo ultimo lavoro discografico “Vesuvio Blues”. Stiamo parlando del compositore e chitarrista Antonio Onorato, classe 1964. Inizia la sua carriera nel 1989 e da quel momento successi musicali e riconoscimenti. Nel corso dell’intervista che ha rilasciato a noi del magazine “Informare” ha parlato dell’album “Vesuvio Blues” e di cosa questo genere rappresenti nel suo percorso artistico.
Antonio, a fine mese sarai a Napoli per la presentazione di “Vesuvio Blues”. Ci vuoi raccontare come è stato “concepito” questo progetto musicale?
«Ho lavorato su quest’album per più di un anno, anche perché presenta delle novità per quanto riguarda il mio percorso artistico, come l’utilizzo della mia voce in alcuni brani. In veste quindi sempre di chitarrista soprattutto, ma anche in parte di cantautore».
“Vesuvio Blues”: Napoli ha un’anima blues?
«Se intendiamo il blues come la musica del feeling, del sentimento, l’anima di Napoli e dei napoletani è intrisa di blues da sempre».
In questo album oltre alla chitarra utilizzi anche la voce. Come sono nati i pezzi e i testi del disco?
«Sono nati in maniera molto spontanea, naturale. Mi sono ricordato che quando ho iniziato a suonare la chitarra cantavo anche , e così ho ripreso a cantare in maniera molto naturale, come quando avevo iniziato».
Nel corso di questi anni hai collaborato con diversi musicisti. Chi consideri, però, la tua fonte di ispirazione?
«Ce ne sono tanti. Ogni musicista con cui ho collaborato è stato fonte di ispirazione per me, da Franco Cerri a Toninho Horta, da Pino Daniele a Pat Metheny. E poi ci sono quelli con cui non ho avuto il piacere di poterlo fare perché purtroppo sono morti giá da tempo. Sto parlando di Mozart, Miles Davis, Hendrix, Coltrane….però ascolto sempre la loro meravigliosa Musica che continua a ispirarmi».
Come nascono i tuoi componimenti musicali?
«In maniera molto spontanea….niente è mediato dalla mente. È un flusso magico che non so da dove proviene. È una frequenza con la quale cerco sempre di sintonizzarmi o a volte mi sintonizzo spontaneamente all’improvviso».
Cosa rappresenta il blues per te sia a livello artistico che personale?
«Il blues è un genere musicale che ho amato fin da ragazzino, perché sui quei 3 accordi di settima dominante e su quelle fantastiche 12 battute ci puoi improvvisare all’infinito. Per me è creatività e feeling».
Quanto ti ha dato Napoli e la Campania, o l’essere del Sud, nella produzione dei tuoi successi musicali?
«Mi ha dato molto da un punto di vista artistico come stimoli e background culturale, ma mi ha dato purtroppo poche possibilità di sviluppo e di sostegno. Tutto quello che ho fatto fin’ora me lo sono veramente guadagnato con molto più sudore e sacrifici di quanti ne avrei potuti fare se fossi nato per esempio negli Stati Uniti o in nord Europa.
Come consideri l’attuale scena giovanile musicale?
Ci sono delle cose interessanti, ma qui a Napoli mancano gli stimoli per i giovani. Bisognerebbe supportarli di più e questo lo dovrebbe fare in primis la pubblica amministrazione. L’arte oggi per sostenersi ha bisogno di mecenatismo istituzionale, considerato che non esistono più i ricchi nobili e soprattutto acculturati di un tempo o gente come alcuni re Borbonici che hanno fatto tanto bene per la cultura napoletana, cito per esempio il grande Giaocchino Murat».
Sei stato insignito nel corso di questi anni di diversi riconoscimenti. Quale di questi ti rappresenta maggiormente?
«Il premio Nino Rota è sicuramente un premio prestigioso, però mi auguro che il prossimo premio sia rappresentato da un bel bonifico bancario al posto di queste solite targhe, che non so più dove mettere a casa».
Se dovessi descrivere Antonio Onorato in musica, quali dei tuoi brani sarebbe e per quale motivo?
«Non saprei, in tutto ciò che ho espresso attraverso la Musica c’è un pezzetto di me. Un brano a cui sono molto legato e che in qualche modo potrebbe rappresentarmi è “beautiful story” che fa parte dell’album “Angelus”».
Napoli, invece, come la “suoneresti”?
«In tutto ciò che suono c’è Napoli».
Hai tenuto concerti in giro per il mondo. In quale ti è piaciuto maggiormente suonare e perché?
«Ce ne sono tanti. Non c’ è un posto in particolare. La Musica è ovunque».
Jazz e Blues vengono sempre più apprezzati rispetto a qualche tempo fa. Da cosa dipende secondo te?
«Sul serio? Questa si che è una bella notizia. Se fosse davvero così, vuol dire che la gente si sta risvegliando».
Oggi tieni masterclass e seminari. Che consiglio daresti ai giovani che si avvicinano al mondo musicale?
«Il mio consiglio è di far capire che chi vuole fare questo percorso a certi livelli, deve sapere che è come una missione. Bisogna dedicare tutta la propria vita per poterlo fare altrimenti comunque la Musica fa bene a tutti ed è un bene poterne usufruire a qualsiasi livello. Non dimentichiamoci che la Musica ha il dono di unire e il dono del risveglio della coscienza.
di Giovanni Iodice