Antonella Stefanucci classe 66’ napoletana, attrice, comica e monologhista. Artista eclettica ed esplosiva, capace di passare dal teatro al cinema con grande naturalezza, la Stefanucci ha sempre creduto nel suo lavoro mantenendo quella sua caratteristica classe, ironia e serietà.
Noi di Informare abbiamo avuto il piacere di incontrarla nel Gran Caffè Gambrinus di Napoli.
Antonella com’è nato il tuo amore per la recitazione?
«Sono figlia d’arte, mio padre Tony era scenografo e professore di cattedra all’Accademia di Belle Arti di Napoli, e mia mamma scultrice. Ho studiato danza classica, contemporanea e jazz al Teatro San Carlo di Napoli. Successivamente mi sono diploma all’Accademia di Belle Arti in Scenografia. Grazie alla presenza e ai consigli del grande Aldo Giuffrè, scoprì la mia vena comica, quindi decisi di intraprendere questa carriera formandomi e partecipando agli spettacoli-laboratorio dell’accademia».
Qual è il tuo punto di riferimento, nell’arte? E quale nella vita?
«Oggi avere dei punti di riferimento artistici è molto difficile, perché i segmenti dell’arte sono molteplici. Bisogna farsi trascinare dalla corrente, ma successivamente devi riflettere e fare determinate scelte. Nella vita, invece, ho desiderato avere una famiglia, mio marito e mio figlio che rappresentano il mio fulcro, la mia ancora, il mio rifugio».
Come riesci a conciliare il lavoro, con il ruolo di mamma e di moglie?
«Conciliare il lavoro con la vita privata è molto complicato, mio figlio adesso ha 19 anni è autonomo, anche se il ruolo della mamma non finisce mai, come moglie facendo questo lavoro dove non ci sono orari fissi, c’è bisogno di avere al tuo fianco una persona tollerante, e devi avere una doppia forza».

Che consigli daresti ai giovani attori, qual è la caratteristica principale per diventare attore?
«Molti sono attratti da questo lavoro, è uno dei mestieri più belli del mondo, ma bisogna essere realisti e valutare bene se è solo un sogno o una reale attitudine. C’è bisogno d’impegno, sacrificio e tanto studio, buone basi e la preparazione che solo una scuola qualificata può darti, e lavorare con persone brave».
La tua carriera si può definire trasversale, perché capace di passare da un genere all’altro. Qual’ è il tuo segreto?
«Per una mia caratteristica caratteriale, io non ho una sola faccia, è stato difficile trovare una sola strada. Da giovane, durante il periodo della sperimentazione teatrale, feci un provino con tante facce, quello si chiama la “caratteristica”. Quindi il mio segreto è di trovare dei caratteri all’interno di ogni personaggio che vado a interpretare».
Quali sono i tuoi progetti futuri?
«Sarò presente al Napoli Teatro Festival, con una performance su un artista, questa l’ho costruita nel tempo, quando facevo Zelig lab, costruì questo personaggio che parlava di arte contemporanea, per la televisione non andava bene. È un testo che può diventare di satira sociale, che parla delle difficoltà dell’artista di oggi. Poi a breve in uscita “Sirene” dove ho un ruolo ricorrente».
Tratto da Informare n° 168 Aprile 2017