La dichiarazione universale dei diritti umani, già dal 1948, ha stabilito che l’accesso all’acqua potabile fa parte dei diritti umani, ma è un po’ come l’accesso alla battigia: è un diritto, di fatto, negato, da mura e cancelli.
L’ONU, dopo appena una settantina d’anni, cioè nel 2010, ha dichiarato il diritto all’acqua potabile (clean drinking water) “un diritto umano” (as human right) e l’anno prossimo l’UNEP (United Nations Environment Programme – Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) compirà 50 anni. Le dichiarazioni dell’ONU però sono indicazioni e non assunzione di obblighi.
Il WHO (World Health Organization – Organizzazione Mondiale della Sanità) ha stabilito, da alcune decine di anni, che il quantitativo minimo di acqua vitale necessario al soddisfacimento dei bisogni essenziali è fissato in 50 litri ad abitante al giorno. In Italia, si è provato a inserirlo come obbligo, ma ne è venuto fuori un vero caos già dal titolo del “D.P.C.M. 26 agosto 2016: Disposizioni in materia di contenimento della morosità nel servizio idrico integrato”.
Tenendo conto che tutta la confusione trae origine dal “Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 – Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, perché ha trasformato un servizio pubblico essenziale in un equilibrio economico-finanziario.
Siamo passati attraverso un referendum sull’acqua (2011) che ha abrogato un articolo del Codice dell’Ambiente e l’ha sostituito con il nulla, mentre il Parlamento Europeo ha partorito la Direttiva (UE) 2020/2184, riguardante la qualità dell’acqua per il consumo umano, in cui nulla si dice sul quantitativo minimo di acqua vitale… Sembrerebbe che dal 1° gennaio 2022, dopo una serie di ritardi di un paio d’anni, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) saprà districarsi tra morosità, tariffe, ISEE e similari, affinché i 50 litri al giorno siano effettivamente garantiti a tutti; non come regalia, ma come diritto.
Oltre 2000 anni fa, Publio/Gaio Cornelio Tacito ci ha lasciato una memorabile citazione inerente alle conseguenze dell’inutile molteplicità di leggi; non la riporto per lasciare al lettore una piacevole ricerca storica/citazionale.
Per quanto riguarda la situazione campana, la Legge Regionale inerente al “riordino del servizio idrico integrato” tra poco compirà 6 anni. Novità importanti non emergono e restano le criticità già evidenziate più volte: quando la politica prova a mettere le mani sull’acqua potabile, quasi sempre è un disastro; le competenze inerenti alla parte politica sono scarse e sta divenendo solo una questione di spartizioni territoriali. Esistono interventi improrogabili da realizzare sulla filiera idropotabile (sorgenti, pozzi, serbatoi, acquedotti e reti) da oltre 20 anni. Non meravigliatevi se, all’improvviso, ci ritroveremo in un’emergenza ben più grave di quella dei rifiuti.
Con l’immondizia non raccolta sotto casa si può resistere anche qualche giorno; senza acqua potabile nelle case, l’isteria generale è praticamente immediata.
In una mia personale visione distopica, il bicchiere o la borraccia d’acqua saranno le future monete di scambio. Sono già stati realizzati film sull’argomento (ad esempio Waterworld con Kevin Costner) ma, come per la pandemia da Covid, la realtà può essere ancora più implacabile.
di Angelo Morlando
TRATTO DA MAGAZINE INFORMARE
N°221 – SETTEMBRE 2021