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Al salotto letterario “Le Zifere” la presentazione di “Dopo Auschwitz, la speranza”: Informare racconta

Valeria Marchese 17/02/2022
Updated 2022/02/17 at 5:57 PM
4 Minuti per la lettura

Il salotto letterario “Le Zifere” ha nuovamente aperto le porte all’arte  mercoledì 16 Febbraio per la presentazione del libro “Dopo Auschwitz, la speranza”, di Angelo Cirasa

Ospitata nel Palazzo del Sangro di Vietri, la presentazione è stata moderata dal giornalista RAI Adriano Albano e accanto all’autore sono intervenuti il critico d’arte Roberto Nicolucci e il filologo latino Enrico Ariemma.

Si parla di un invito al ricordo che viene accolto nelle stanze del Salotto; Nicolucci nel suo caratterizzante e accogliente intervento di benvenuto ci inizia al filone tematico del libro attraverso un verso di Guccini e un’inserzione artistica e multimediale. L’arte diventa lo strumento del quale ci serviamo per comprendere la storia e l’anima dei protagonisti di quei duri anni. Molto più di una fotografia o di una pagina scritta, l’autoritratto scelto da Nicolucci, quello di Naussbaum, ci scava dentro attraverso un volto che combacia con quello di una persona reale: Henri Bergson, il filosofo francese che rifiutò la conversione al cattolicesimo e si fece uccidere in quanto ebreo.  

L’Europa di quegli anni è perfettamente descritta attraverso la filosofia di Bergson, il quadro di una società chiusa dove è solo lo sguardo di un uomo che combacia con un quadro l’unico sentore di volontà di ricerca. 

Dopo Auschwitz è un travaglio letterario che riconsidera e confronta le persecuzioni e i genocidi della storia antica con quelli della contemporaneità. Tutto questo è stato possibile grazie alla collaborazione con l’autore Cirasa di Enrico Ariemma, filologo latino.

Il libro ci riporta visivamente, con gli occhi dei giovani che hanno vissuto l’esperienza di un viaggio ad Auschwitz, a quella che è l’orrenda meraviglia. Visitare il più celebre e terribile dei campi di concentramento significa vivere la fisicità dell’incontro con il male, un parto violento di sconfortante dolore che inaspettatamente crea nuovi ponti intergenerazionali.

Dinnanzi ad un’indifferenza crescente ad un’insensibilità verso le sofferenze umane che vengono alimentate e inglobate da un metaverso fatto di click e infiniti swipe up, la tragedia dell’umanità viene svilita, deturpata, banalizzata nel mondo dei social media. 

Viviamo in un mondo di non-cose, dove la realtà ci sfugge per trovare maggiore conforto in un mondo di pixel, Google e algoritmi falsati, che a tratti sembrano riprodurre e combaciare perfettamente con quelle che sono le ideologie di Marx, ovvero concezioni che vogliono rivestire di principi astratti la realtà, solamente per mascherarli e giustificarli.

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Passare ad Auschwitz e leggere un testo che racconti di queste esperienze fa fuoriuscire la storia dai libri dove è stata scritta, ci distacchiamo dalla nostra on-life e impariamo a comprendere le cose non attraverso la vista o il puro pensiero, ma attraverso il tatto, toccandole per mano, come ci ha ricordato Papa Francesco nella sua recente intervista in diretta nazionale. 

L’orrore non racconta di ciò che è stato, ma di cosa può esserci e di cosa tutt’ora c’è: la foto di copertina del libro ricorda uno scatto recente al confine tra Polonia e Bielorussia, i margini di un’Europa dove i cittadini perdono la loro umanità, diventano entità astratte, prive di sofferenze e dolori reali davanti alla nostra diffidenza digitale.

La discriminazione ha origine a partire proprio dalle parole e dal percorso semantico che esse compiono, in merito a questo interviene il filologo Ariemma e ci introduce ai concetti di xenia e di ospitalità dall’antica Grecia di Pericle. 

Dopo Auschwitz è un libro che ci insegna a restare umani e alla condivisione del dolore, attraverso una storia di radici e appartenenza. 

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