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A volte ritornano…quando sono “bionde”

Antonio Di Lauro 19/11/2018
Updated 2018/12/18 at 12:45 PM
8 Minuti per la lettura

Ci sono cose che non ho capito. Prima di scrivere, come sempre, mi documento cerco di fugare ogni dubbio (a riuscirci) su un argomento perché l’intento è quello di informare voi lettori dicendovi la verità. Quando ho pensato di scrivere sul contrabbando delle sigarette, ritornato in auge da qualche periodo, come dimostrano le numerose attività delle forze dell’ordine sembra che sul fumo in generale resti solo un appoggio di Oscar Wilde che disse: “La sigaretta è il piacere perfetto: è squisita e lascia insoddisfatti”. E forse proprio per la ricerca di tale piacere che in molti pur conoscendo i rischi per la loro salute, quando il prodotto è regolarmente prodotto in fabbriche autorizzate, che aumentano esponenzialmente quando del prodotto non si ha tracciabilità che il mercato del fumo non conosce crisi. Ma in tempo di crisi sono ritornate invece i punti vendita abusivi che riporta alla mente quel traffico di “bionde” che negli anni ’70 e ’80 quando imperavano nelle nostra acque scafisti a bordo di potenti imbarcazioni. Ma purtroppo ad essere perfetto è molte volte il meccanismo attraverso cui le organizzazioni criminali riescono a spostare ingenti quantitativi di sigarette da un posto all’altro del nostro Paese quando vengono fabbricate in Italia (recentemente a Pavia – Sannazzaro de Burgondi- è stata sequestrata la prima fabbrica clandestina in Italia) oppure in ambito europeo quando le “centrali” sono in Olanda o in Polonia con una gestione esclusivamente italiana.

A scoprire il ruolo dei contrabbandieri italiani, per lo più campani è stato il dott. Cesare Sirignano, sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo nonché magistrato di punta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli che in una intervista al “Sole24ore” ha così spiegato: «In Polonia vivono ormai stabilmente nuclei di origine napoletana e campana in genere, a volte sposati con donne del posto, che continuano a gestire il traffico di sigarette. Chi ha sempre fatto il contrabbandiere, continuerà a farlo». Ma non può essere solo contrabbando.

Il fenomeno è molto più complesso perché il mercato del fumo è un settore in cui si intrecciano lo stesso contrabbando, la produzione non autorizzata o illecita per contraffazione della materia prima o del prodotto finito, le sigarette bianche illecite il tutto condito con una presunta dose di corruzione e scellerati accordi tra le associazioni criminali e tra queste e consorterie mafiose italiane e straniere al fine di aumentarne il business e parti corrotte di alcuni stati.

Su questo aspetto l’organizzazione Transcrime nel Rapporto 2017 rileva che il contrabbando su larga scala non sarebbe possibile senza la tacita connivenza dei produttori di sigarette, tanto che i governi di molti paesi , assistiti dall’OLAF Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode, hanno avviato azioni legali per perdite fiscali causate dal coinvolgimento dei produttori di sigarette nell’evasione fiscale e nei programmi di contrabbando realizzati sfruttando il regime di quello che avrebbe dovuto essere di (solo) transito commerciale, ma che in realtà durante il viaggio “perde” spesso parecchio del suo carico, che viene dirottato nel circuito illegale.

In tal senso quando vi è il sentore che il contrabbando potrebbe diventare anti economico per le organizzazioni criminali ecco che le stesse non disdegnano di farsi rilasciare dagli Stato esportatori o importatori compiacenti, false attestazioni sulla perfetta regolarità commerciale del prodotto che una volta sdoganato in un Paese europeo è libero di circolare in tutto lo spazio dell’Unione.

Per questo diventa strategica la cooperazione internazionale tra gli organi preposti al controllo e come scritto nella relazione del 2017 della Direzione nazionale antimafia all’interno dell’Unione europea sarebbero state individuate alcune fabbriche  per la produzione di sigarette contraffatte in paesi come Belgio, Lituania, Slovacchia, Gran Bretagna mentre secondo le informazioni della Commissione europea e riportate dalla Dna sarebbero stati smantellati circa cinquanta stabilimenti che producevano tabacco falso ( in violazione della normativa europea)tra il 2005 e 2016.

Ed allora emergono diversi approcci e pensieri sulla questione fumo. Il primo è utilizzato dallo Stato che nei confronti del fumo si pone al centro :da un lato informa la popolazione che il fumo uccide con tanto di “immagini di morte” sui pacchetti dall’altro ne rivendica a sé il monopolio che garantisce  cospicue entrate –  un secondo messo in campo dal fumatore che è convinto: “tanto di qualcosa bisogna pur morire” lo Stato dice falsità sui danni provocati dal fumo e continua a fumare e poi ce n’è un terzo che è quello dei non fumatori per i quali diventa difficilmente condivisibile che il diritto fondamentale alla salute e addirittura alla vita garantito dall’art. 32 della Costituzione debba cedere il passo agli interessi economici dello Stato e del commercio di sigarette.

Un provvedimento che sicuramente può far riflettere nasce dalla decisione del 10 novembre 2017 con cui la Città del Vaticano ha vietato al proprio interno il commercio di sigarette, considerato che al tabacco è imputata la morte nel mondo di 7 milioni di persone l’anno. La vendita sarebbe stata vietata a dipendenti, religiosi e diplomatici con una decisione arrivata direttamente da papa Francesco.

Ecco che allora una cosa l’ho capita.

Dire che il fumare sigarette “non è illegale” non corrisponde esattamente al dire “è legale”, non corrisponde a riconoscere al fumo una patente di legalità senza se e senza ma: corrisponde piuttosto al concetto “potrebbe essere considerato oggettivamente illegale ma per la legge non è tale”, così come dire che una cosa “non è brutta” non equivale a dire che quella cosa “è bella”, ma significa porre quella cosa in una zona intermedia tra il bello e il brutto.

In questo caleidoscopico contesto non posso che concludere con una nota di colore e ingegno ma che mi ha fatto riflettere.Nel quinto rapporto dell’Eurispes sulle agromafie risulta che in Campania da qualche tempo sono in circolazione, al prezzo allettante di due euro, pacchetti biancorossi di sigarette “Campania”, prodotti da una fantomatica Campania S.r.l., con il marchio tricolore, lo stemma 5 della Regione Campania, lo slogan “From Italy Worldwide”, un codice a barre, la fascetta dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato, l’indicazione tipica “Il fumo uccide” e perfino l’accattivante garanzia che il prodotto “Non è testato su animali”.Se si mettesse nell’applicare le leggi la stesso impegno e la stessa fantasia che si mette nell’eluderle l’Italia sarebbe un Eden.

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