C’è quel poster là, stile Anni 70, alla Tarantino, con Toni Servillo in 50 sfumature di cremisi, Valeria Golino in giallo, e Carlo Buccirosso che tenta (invano) di far la faccia truce. E c’è quel trailer, che preannuncia una parodia ironica dei film di camorra e vendetta, sempre alla Tarantino.
E poi c’è il film vero e proprio, che dal farti morire dal ridere passa a farti scendere i lacrimoni senza che tu neppure te ne accorga. È una bestia strana, infatti, “5 è il numero perfetto” di Igort. La graphic novel da cui è tratta (sempre di Igort) è un affare in bicromia, in scala di grigi e blu, pervaso da quest’aria di stanchezza portata costantemente dal protagonista Peppino.
La trama
Peppino, ex sicario, non ha altro che ricordi, evocati nelle storie che racconta al figlio Nino, sicario anche lui. Storie epiche di gangster, che i pennelli di Igort però, ci riportano come affari sgradevoli e grotteschi. E anche quando Peppino decide di vendicare la morte di Nino, sterminando metà della criminalità napoletana, non ci sono sparatorie alla John Wood come nel film, ma quella stessa stanchezza, che giunge al suo culmine in una preghiera alla Madonna e in quello che si mostra come il primo momento di debolezza di Peppino.
E forse è un bene che non sia così nel film.
La narrazione
Le stesse frasi, che nel fumetto possono sembrare sobrie, (“E ringraziando il cielo, mio figlio accide come si deve”, solo per citarne una) nel film provocano riso irrefrenabile. I racconti di Peppino sono esagerati, raccontati con quella sincerità che sfocia nell’ironia. Le sequenze d’azione grandi, fantastiche, dinamiche. Le pistole non finiscono mai i colpi. E la preghiera alla Madonna è quella di un giustiziere scatenato che non ha più nulla da perdere. Ed è proprio tutto questo a far funzionare e rendere più forti le scene in cui la stanchezza di Peppino viene lasciata trasparire, da quando svela il significato del titolo del film, arrivando a quando abbandona la sua caccia, fino a quando, giunto alla fine della corsa, si accorge che è stato tutto inutile.
“5 è il numero perfetto” è un’opera poliedrica, potente. Ti risucchia dentro e ti fa godere la corsa in barba a tutti i suoi difetti. Andatevelo a vedere, e se “La profezia dell’armadillo” vi ha delusi, sentirete che in voi è ancora viva la speranza per il cinecomic all’italiana.
di Lorenzo La Bella