Si rincorrono come orme nel tempo alcune giornate che segnano in maniera indelebile la storia degli uomini. Si segnano alle volte sui calendari, altre nei cuori per finire poi altre volte scolpite per sempre sulle mura e per le strade della città affinché tutti possano per sempre ricordare. Una data che ha di certo cambiato la storia della nostra Repubblica non può che essere il 16 Marzo 1978. Ricorrono infatti proprio oggi 45 anni dal rapimento di Aldo Moro per mano delle Brigate Rosse.
Cosa successe quel 16 Marzo
Non sarà mai per la politica italiana un giorno come un altro. Il 16 Marzo del 1978 a Roma era fissato un importante appuntamento alla Camera dei Deputati per votare la fiducia al quarto governo targato Giulio Andreotti. L’esito di questo incontro sarà per la storia della Repubblica fondamentale poiché, per la prima volta dal 1947, il Partito Comunista Italiano concorrerà direttamente alla maggioranza parlamentare per sostenere il nuovo governo. I principali artefici di questo storico accordo saranno Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista, ed Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana. Quella mattina si dirigeva proprio verso Montecitorio, sede della Camera dei Deputati, l’onorevole Aldo Moro quando intorno alle 9:02 imboccò via Mario Fani, nel quartiere Trionfale a Roma, a bordo della sua FIAT 130 berlina.
All’incrocio con via Stresa, una FIAT 128 blocca la strada all’auto che trasporta Moro e la sua scorta. Inizia così l’agguato: un commando delle Brigate Rosse, composto da 19 persone vestite da personale di Alitalia, iniziano a fare fuoco. I cinque uomini della scorta vengono prontamente uccisi mentre Moro viene fatto salire di forza sulla loro auto per essere poi condotto a via Montalcini, dove è stata precedentemente preparata la prigione all’interno della quale l’onorevole sarà ostaggio per tutta la durata del suo sequestro. Saranno le stesse Brigate Rosse a rivendicare l’agguato attraverso la voce di Valerio Morucci che dopo circa un’ora dell’accaduto rilascia un messaggio all’agenzia ANSA. «Questa mattina abbiamo sequestrato il presidente della Democrazia cristiana Moro ed eliminato la sua guardia del corpo, teste di cuoio di Cossiga. Seguirà comunicato. Firmato Brigate Rosse».
La prigionia di Aldo Moro
Durò ben 55 giorni il sequestro di Aldo Moro e durante lo stesso periodo le BR recapitarono ben 9 comunicati all’interno dei quali danno maggiori informazioni sul perché del loro gesto. All’interno di uno di questi comunicati, il gruppo terroristico propone, attraverso il cosiddetto “fronte delle carceri”, di scambiare la vita di Moro in cambio di alcuni brigatisti in carcere. Si crea allora all’interno della politica italiana una grossa spaccatura fra chi impone un’assoluta fermezza nel rifiutare qualsiasi tipo di trattativa e chi invece, date le circostanze, vorrebbe un dialogo tra le parti.
Secondo il fronte della fermezza, sostenuto principalmente da DC e PCI, la scarcerazione dei brigatisti avrebbe rappresentato una resa da parte dello Stato ed avrebbe inoltre creato un pericoloso precedente per futuri sequestri; infine, una trattativa con i terroristi avrebbe riconosciuto alle Brigate Rosse un certo potere politico che il governo italiano non poteva di certo concedere. Durante la sua detenzione, Aldo Moro scrisse ben 86 lettere indirizzate alla famiglia, ai principali quotidiani e soprattutto ai principali esponenti della DC attraverso le quali l’onorevole cerca in ogni modo di esortare le principali personalità del governo italiano ad intavolare una trattativa con i brigatisti al fine di liberarlo.
La morte ed il ritrovamento
La mattina del 9 Maggio, dopo 55 giorni di detenzione, Moro fu assassinato per mano di Mario Moretti. Il delitto avvenne in seguito ad un lungo scontro all’interno con altre importanti personalità del gruppo terroristico che volevano invece preservare la vita del Presidente della Democrazia Cristiana. Lo stesso Moretti, con l’aiuto di Germano Maccari, trasportò il corpo di Moro all’interno di una Renault 4 rossa per poi condurla fino a via Caetani, vicino la sede della DC e del PCI, dove verrà ritrovata dalle autorità solo il giorno dopo. Il corpo verrà ritrovato solo grazie alla telefonata di Valerio Morucci a Francesco Tritto, uno degli assistenti di Moro, all’interno della quale, usando lo pseudonimo di “dottor Nicolai”, rivelò la posizione del corpo del presidente Aldo Moro.
Che fine hanno i brigatisti
Valerio Morucci, il membro più “vecchio” del commando che rapì Aldo Moro, era poco meno che 30enne, era all’epoca compagno dell’altra brigatista Adriana Faranda. Entrambi si opposero violentemente alla decisione di uccidere il presidente della DC. Dopo diversi anni di carcere, sono entrambi stati scarcerati, prima con condizionale e poi completamente, nel 1993. Faceva invece parte del cosiddetto “nucleo storico” Mario Moretti è stato arrestato nel 1981 e si trova oggi, all’età di 77 anni, in stato di semilibertà e opera come volontario negli uffici di una residenza sanitaria assistenziale. Germano Baccari, dopo essere stato inizialmente scontato la sua pena nel 1993, viene nuovamente arrestato in seguito alle rivelazioni di Faranda che lo accusa di essere stato, insieme a Moretti, l’esecutore materiale dell’omicidio di Moro; muore nel 2001 in seguito ad un aneurisma cerebrale all’interno del carcere di Rebibbia.